Qualche sera fa siamo andati al vecchio Piccolo (quello di via Rovello) a vedere lo spettacolo di Moni Ovadia “Il registro dei peccati”.
In realtà più che vedere sarebbe più opportuno dire “sentire”, perché questo spettacolo è un recital di Ovadia che recita in piedi, fermo, davanti ad un leggio. Nessuna mimica particolare. Nessuna azione scenica. Solo voce pura.
E la voce di Ovadia arriva bella, forte, pura e dice cose note e meno note dell’ebraismo e del mondo attraverso l’espediente narrativo di un viaggio nei luoghi dell’europa dell’est dove è nato il khassidismo. In realtà di viaggio non si tratta, città non ne vengono descritte, né usi o costumi. Più che un viaggio è un racconto, un romanzo, organizzato in un prologo e in tre capitoli (il racconto, il canto e il riso), un romanzo nel quale Ovadia ci dice alcune cose note e altre meno note.
Fatto sta che tra le cose più note possiamo citare la rivendicazione del nomadismo spirituale degli ebrei a cui Dio non diede nessuna terra, ma li avvertì che li avrebbe ospitati stranieri tra gli stranieri perché la terra, tutta, era Sua e soltanto Sua. Il riferimento ad Israele rimane tra le righe, anche se mi pare brilli di luce intensa.
La citazione meno nota, almeno per me, viene dall’antico testamento e precisamente da Isaia laddove Dio dice agli ebrei di piantarla di seccarlo con preghiere e sacrifici. Lui non li vuole, non le sta a sentire. Basta, dice Dio. Basta con questa liturgia inutile. Proteggete l’orfano, aiutate la vedova, amministrate giustizia, questo chiede il Dio di Isaia a chi dice di credere in Lui. Sconvolgente. Perché se è vero che anche nei Vangeli c’è l’elogio di chi fa del bene senza farsene accorgere, è anche vero che i toni sono meno accesi e chiari, più intimisti e personali e meno sociali. Il sociale in Cristo è lo scandalo, il non amare il prossimo, non il pregare o il non pregare. In Isaia invece Dio è chiarissimo: mi avete seccato voi che pregate, ma non fate il bene. Quante chiese si svuoterebbero? Tante.
Ovadia chiosa che il precetto divino (proteggi l’orfano, difendi la vedova e amministra giustizia) oggi si chiama giustizia sociale, ma questo francamente è discutibile e attiene più al mondo delle provocazioni che a quella della verità.
Lo spettacolo si snoda piacevole, tra aneddoti, racconti, un canto e svariate barzellette. Due ore senza accorgersene. Noi. Che lui, Ovadia, sempre in piedi, sempre stentoreo, senza bere un goccio d’acqua, all’età di quasi settantanni, embè è una bella resistenza, no?
Vale il viaggio? sicuramente sì.