Da tempo di fronte alla emozione che provo ammirando i suoi quadri mi chiedo in cosa Van Gogh (1853 – 1890) abbia innovato? In cosa è stato così dirompente da essere disconosciuto in vita e ancora oggi, al contrario, idolatrato, amato, indiscusso?

L’intensità verrebbe da dire, rispondendo di getto e questo è certamente vero, ma tecnicamente quale era ed è (ancora) il trucco, la tecnica, l’invenzione?

Intendo dire che Leonardo una nuova idea di paesaggio, Michelangelo la pittura come epica, Picasso l’invenzione del segno, Velasquez dello sguardo e Van Gogh? Siamo a quei vertici o stiamo più in basso? Come pittore, intendo.

E ancora, ciascun grande ha lasciato una traccia che altri hanno poi seguito, approfondito o, al contrario, rifiutato. In questo aderisco a quanti indicano nella riproducibilità e nella riproduzione uno degli elementi, se non l’elemento, che distingue e contrassegna la grandezza di un’opera artistica. La capacità di aprire una strada nuova, di dare nuova linfa all’albero, di cui tutti noi siamo rami e foglie e frutti.

E quindi Van Gogh perchè?

Van Gogh iniziò a dipingere nel 1881, nove anni prima del suo suicidio/omicidio. Nel 1870, dieci anni prima, era arrivato il puntinismo e in generale l’impressionismo aveva sottolineato con forza la necessità per la pittura di aderire con maggiore precisione e attenzione alla luce.

Lui muove di lì, dal puntinismo e dall’impressionismo, ma da quelli si allontana per un sentimento di adesione piena alla vita che intrinsecamente contrastava col distacco necessario alla applicazione della esatta scomposizione dei colori.

In lui l’impatto di quelle teorie era attenuato dalla consapevolezza che la vita e la pittura non sono e non possono essere ingabbiate in prassi e metodi di sapore scientifico. E per di più la violenza dei colori non può essere degnamente rappresentata dalla temperanza imposta dalla scomposizione della luce.

La stesura dei colori per tratti unitari piccoli a piacere tipica del puntinismo in lui si amplia e viene a tratti confermata e in altri negata, sia nell’esporre il soggetto del quadro, che nel definirne lo sfondo. In lui, ecco la grande novità, soggetti e sfondi assumono pari dignità e vibrano alla stessa maniera.

La distinzione classica (e non contraddetta fin lì da nessuno) tra primo piano e sfondo, tra un primo piano “mosso” e “analitico” e uno sfondo “fermo”, “indistinto”, “piatto” viene travolta da Van Gogh che non distingue gli uni dagli altri, ma dipinge non la creatura, ma il creato.

Da certi punti di vista con lui si assiste in pittura al passaggio, a livello di concezione del quadro, dalla partizione dell’opera al flusso continuo, dal canzoniere al poema.

Nella storia questa sua attitudine vitalistica, questo brulichio di vita e di segni potrebbero (forse) aver ispirato il disperato groviglio di colori dell’action painting, insieme alla sua violenza coloristica che certamente ha portato ai Fauves e ad uso del colore libero e più determinato dai propri sentimenti che dalla reale urgenza di rappresentazione.

In nove anni ha dato un pugno tale alla pittura europea che ancora oggi, appunto, tutti indiscutibilmente troviamo nelle sue opere un punto di svolta. Definirne i contorni, segnarne le direzioni non è facile. La sua potenza era tale da annichilire in parte il giudizio. Qui ne ho elencati alcuni. Alcune risposte alla domanda: Van Gogh perchè?

 

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