Il Purgatorio è il più difficile perché un canto di transizione: l’Inferno è una cosa comparitivamente semplice; il Paradiso è un’altra cosa, più difficile del Purgatorio, perché è più unitario. Una volta che sei riuscito ad agganciare quel tipo di sentimento nessuna parte è difficile. Il Purgatorio qua e là può essere definito “arido”: il Paradiso non è mai arido, è alternativamente o incomprensibile o intensamente emozionante. Con l’eccezione dell’episodio di Cacciaguida – una esibizione perdonabile di orgoglio familiare e personale, dato che è spendida poesia – non è mai episodico. Tutti gli altri protagonisti hanno le migliori credenziali. All’inizio, sembrano meno distinti delle prime persone non battezzate; sembrano variati in maniera ingegnosa, ma sono fondamentalmente variazioni monotone di insipida beatitudine. E’ una questione di graduale adattamento della nostro modo di vedere. Noi abbiamo (che lo si sappia o no) un pregiudizio contro la beatitudine come materiale poetico. Il Settecento e l’Ottocento non sapeva nulla; persino Shelley, che conosceva bene Dante e che verso la fine della sua vita iniziò a trarne beneficio, unico poeta inglese dell’ottocento di cui si possa dire che avesse iniziato a seguirne le orme, fu capace di enunciare la tesi che le nostre canzoni più dolci sono quelle che cantano i pensieri più tristi. Il primo lavoro di Dante potrebbe confermare Shelley; il Paradiso ci prova il contrario, sebbene un diverso tipo di contrario rispetto alla filosofia di Browning.

Il Paradiso non è monotono. E’ vario così come ogni altro poema. E prendendo la Commedia come un tutto unico, non puoi compararla a nient’altro se non all’intera drammaturgia di Shakspeare. Il confronto tra la Vita Nuova e i Sonetti di Shakespeare è un’altra interessante occupazione. Dante e Shakespeare si dividono il mondo moderno tra loro; non c’è un terzo.

Dovremmo iniziare a pensare a Dante che fissa l’aspetto di Beatrice:

Nel suo aspetto tal dentro mi fei,
qual si fe’ Glauco nel gustar dell’erba,
che il fe’ consorto in mar degli altri dei.
Trasumanar significar per verba
non si poria; pero l’esemplo basti
a cui esperienza grazia serba.

E quando Beatrice dice a Dante: “ti stai rendendo noioso con le tue false fantasie” lo ammonisce che lì ci sono diversi tipi di beatitudine, così come dato dalla Provvidenza.

E se non basta, Dante è informato da Piccarda (Canto III) con parole che anche chi non conosce Dante conosce:

la sua voluntade è nostra pace

E’ il mistero della disuguaglianza, dell’indifferenza di quella disuguaglianza nella beatitudine dei beati. E’ tutto uguale, anche se ciascun grado è diverso.

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