Segnalo per contrappasso (e adesso mi spiego) l’articolo su Corriere.it dal titolo “Dipingo sui muri con le mani”
Lo segnalo per due motivi opposti.
Il primo, positivo: David Tramlett con le sue tele e i suoi lavori post cubisti, molto colorati, divertenti e intelligenti è un signor Artista che va conosciuto meglio.
Il secondo, negativo: che l’articolo su Corriere è un buon esempio di come si tratta, in negativo, l’arte oggi. Nessuna idea e nessuna informazione sul lavoro di Tremlett se non quelle da rotocalco rosa (dipinge con le mani, si è sposato avendo come testimone di nozze Gilbert&George, ha dipinto in ambienti poco raccomandabili – o molto raccomandabili a seconda di come uno vede il tema della prostituzione ed affini).
Si legge l’articolo e si finisce domandandosi: e chi è sto Tremlett, grande artista inglese? Ora se uno è curioso d’arte, ok – ma certo il pezzo in sé è di quelli da far girare la testa da un’altra parte, voltare la pagina e via che si va.
A torto, dicevo, perché Tremlett meritava e merita attenzione, non fosse altro perché dipinge, usa i colori, li stende (con le mani o con i pennelli poco importa) e ottiene lavori che sono divertenti e belli da vedere. Non mi pare poco.
Certo la sua pare un’arte che rifugge dai contenuti, dal racconto; sembra un’arte molto di superifice e di poco spessore, ma al di là del giudizio che uno può dare sul momento generale della cultura oggi (che non mi pare così difforme da questa tendenza tremlettiana), io dico: avercene di opere che con tanta forza e allegria inducono all’ottimismo e alla vita.
Quindi abbasso il Corriere.it in questo caso e viva Tremlett.
mi sembrerebbe doveroso un commento sui suoi wall drawing (realizzati con i pennelli, le mani o i piedi, il dettaglio non ha alcuna importanza) che sottolinei come Tremlett persegua in essi, con coerenza estrema, una personale ricerca sulle relazioni tra arte visiva ed architettura, tra segno e spazio, tra struttura mentale ed ambiente reale.
Grazie ad un sensibile ‘ascolto’ “per cercare di sentire quello che il muro ha da raccontargli”, così scrive Nicoletta Pallini (“David Tremlett. Se i muri potessero parlare, 1995-2000”) il wall drawing si sovrappone come una seconda pelle alla superficie architettonica senza prevaricarla, sottolineandone le caratteristiche, assecondandone la struttura, divenendo una sua espansione ed un suo prolungamento.
Io, da architetto, trovo in ciò il punctum dell’opera di Tremlett.
sono d’accordo. troppo spesso ci si dimentica che la pittura tutta è elemento di architettura. anche non essendo architetto, sono d’accordo