Diego Velazquez, Il trionfo di Bacco, 1629
Come inizio di una lunga serie, da Mario Rocca ricevo:
La luce chiara colpisce il giovane, ne fa il protagonista. I suoi tratti sono popolani, l’osteria, non l’olimpo, è la dimora di questo dio. I suoi amici se ne stanno in disparte a sinistra, quasi estranei dalla scena, partecipi come osservatori. I padri, gli anziani stanno a destra. Il tempo ha sottolineato ognuno di loro. La fatica del vivere, del lavoro, la terra hanno tracciato segni sui loro volti. Solo il vino dà loro un momento di ebbrezza, di quasi felicità.
La pelle del ragazzo è chiara, morbida, la prima età è ancora in lui. Solo il viso è estraniato, l’ombra del tempo lo colpisce, annebbia il suo sguardo, lo tinge di malinconia. La luce si stempera in un tempo che verrà. Il rosso e il bianco dei suoi vestiti prenderanno i colori della terra, ocra, marrone. La sua pelle diventerà scura, cotta dal sole, rigata dalla vita. Sarà uguale agli altri protagonisti. Il suo sguardo si farà ebete felice per un bicchiere, per una parola vuota detta con gli amici. Sopra tutto il cielo grigio.
Dopo.
Il quadro viene appoggiato al muro. Con due cavalletti si fa una tavola. Minestra, carne e vino, si festeggia. Il pittore dà ad ogni modello il compenso in monete. Il ragazzo rimane in disparte guardando il dipinto. Bacco si è impossessato della festa. Tutti sono ebbri, si canta, si grida, si danno pacche sulle spalle e si continua a bere. Qualcuno ogni tanto fa tintinnare le monete nelle tasche.
Alla fine tutti si alzano, anche per oggi hanno mangiato e raccattato qualche spicciolo, ora possono andare all’osteria e continuare la festa.
Il giovane è sempre seduto, e si guarda nel quadro. Il suo viso si fa ancora più malinconico. Intuisce che il pittore ha bloccato la sua età nella tela e sa anche che non sarà più così.
Alla fine si alza e s’incammina. Prima di uscire si ferma riguarda il quadro poi esce dicendo; “merda” e si dirige all’osteria.