Spiace parlare male di uno spettacolo teatrale, ma stavolta mi tocca. Lo spettacolo al Piccolo, creazione originale ispirata ai drammi shakespeariani (come si legge sul sito), detto altresì potpourri di Enrico IV, Enrico V e delle Allegre Comari, non ha capo, né coda, non si capisce da dove parta, né dove voglia arrivare, se non dare prova di virtuosismo da parte dei due magistrali interpreti. Perché Branciaroli e De Francovich sono indubbiamente bravi, ma il testo non regge.

Per di più Branciaroli, immagino per dare sostanza alla sfacciattagine, alla boria, alla prosopopea di Sir John Falstaff, recita buona parte del tempo in uno strano falsetto difficilmente comprensibile dalle ultime file della platea (dove stavo assiso insieme agli amici miei).

Insomma noioso, senza scopo, nè legge, inutile. Non vale il biglietto.

Unica cosa utile tratta da questa ora e mezza di spettacolo è la domanda: perché Falstaff gode di tanta fama? Personaggio minore, clawnesco, millantatore, grande amante di puttane e di taverne, anima in controcanto alcune opere del bardo. E’ una specie di Don Giovanni senza nobiltà e disperazione: è questo che affascina? Questa sua capacità di nuotare in superficie senza quasi bagnarsi? è la leggerezza dell’essere? Non so. So che questa prova e il ricordo di altre in cui il minore, Falstaff, diventa maggiore mi hanno indotto ad una rilettura del sommo. e questo non è mai male.