Nel giro di poche settimane a Chiavari, città dove ultimamente sono spesso, si sono tenute e si tengono (nel senso che due sono ancora in corso) tre personali: Mauro Giuffra, Davide Tavino (in arte Tab) e Augusta Tassisto. Le ultime due sono, come dicevo ancora in corso e facilmente visitabili. Tab, accompagnato dalla Associazione Tecnica Mista, si trova presso l’Auditorium dei Filippini in via Raggio, mentre la Tassisto è ospite delle belle sale della Società Economica.
Tre mostre estremamente diverse l’una dall’altra, anche se Giuffra e Tassisto sono in qualche maniera accumunati da uno sguardo caldo e attento nei confronti delle cose e della storia personale e sociale.
Giuffra ha esposto (la mostra si è chiusa qualche giorno fa) principalmente olii realizzati sui materiali più vari (cartoni, masonite, tele), affiancando opere caratterizzate dalla tecnica puntinista a composizioni dense di oggetti, scene domestiche o scorci di città e luoghi. L’impressione che se ne ricava è quella di calore trattenuto, di uno sguardo partecipe, di intimità, solitudine, pensiero.
Tab, nettamente il più giovane tra i tre, ha tratti espressionisti, colori decisi, tecnica che mischia e sovrappone in racconti fantastici nei quali la componente ironica e dissacrante è quasi sempre presente. Le composizioni, spesso su carta, hanno la libertà conquistata dalla narrazione. Scontri, fughe, eroi improbabili, ritratti scavati alla ricerca della profondità emotiva.
Tassisto alterna preziose e trattenute incisioni a tempere e pastelli. Il mondo ritratto è osservato con attenzione e amore evitando ogni ricorso a facili colorazioni, ma concentrandosi sulle atmosfere, sulle situazioni meteorologiche, sulla distanza dalle cose e persone, che non per questo (anzi proprio per quella ragione) è fredda o distante, ma empatica, paradossalmente sentimentalmente vicina.
Visitandole a breve distanza di tempo inevitabile chiedersi cosa significhi arte oggi e in particolare la pittura. Verrebbe da rispondere di getto: un modo, una tecnica per creare un proprio mondo, o, meglio, per fissare e mostrare il proprio mondo. Ma così non è, o almeno non completamente e non essenzialmente.
Arte e pittura significa ancora “guardare il mondo”, tutto il mondo, ciò che ci circonda, ciò che vediamo e sentiamo e, dopo averlo osservato con attenzione, dopo averlo “mangiato e digerito”, ritrarlo, rifarlo, con la massima esattezza possibile, nella coscienza che ciò che alla fine ne viene distillato rimarrà e costituirà in parte, come mi diceva Giuffra, un “noi stessi appesi”. Ma sarà anche, nello stesso tempo, un altro da noi, una autonomia estetica, un luogo in cui entrare con gli occhi e con la mente, uno spazio, del quale il pittore è al contempo architetto, geometra, muratore, residente e visitatore.
In termini di linguaggio Giuffra e Tassisto parlano perfettamente la lingua italiana dell’arte, quella che si insegna e che si impara con dura fatica nelle nostre accademie e scuole d’arte. Non è solo o tanto un tema di figurativo o astratto, distinzione che solo annoia al solo riferirne, quanto è una questione di tecnica di composizione e colore. Entrambi percorrono perfettamente e con grande maestria ciò che va percorso per arrivare ad una opera facilmente leggibile da chiunque quella lingua, la lingua italiana dell’arte, abbia praticato o studiato.
Tab si muove, anche per ragioni anagrafiche, con maggiore libertà, contaminando i propri lavori con riferimenti ad altre discipline (ad esempio i fumetti) e linguaggi. Tra questi ultimi quello espressionista tedesco, come si è detto, è il più evidente, ma che comunque viene imbastardito da materia ed energia in una sintesi che spesso raggiunge risultati notevoli pur con grande economia di mezzi.
In ogni caso l’aspetto forse più rilevante è che Chiavari si è mossa e questa, appunto, è certamente una buona notizia.