Sandro Frera blog dal 2006

pittura, letteratura, cinema e altro

Il senso del viaggio – parte settima

  • Ariosto, tra medioevo ed epoca moderna

La corte d’ Este era un crocevia culturale dove giungevano notizie, informazioni, scoperte, ultimi gridi della moda e del costume, voci di riformatori e di battaglie dalle contrade piu’ lontane. Pur essendo una città chiusa, Ferrara era un trampolino di presa di visione culturale, scientifica e tecnica del mondo intero conosciuto. Ariosto stava nella sua città da sedentario convinto.

Nella sua cronologia troviamo una breve scappatella in Ungheria, controvoglia: due o tre gite a Roma, piccole trasferte in Garfagnana e nulla piu’. Per il resto del tempo, Ariosto è sempre a Ferrara. Pure stando sempre in città, senza viaggiare, egli era al corrente delle scoperte del tempo, avvenute nelle corti più lontane. Nella biblioteca del duca Borso troviamo Strabone, Plinio, Pietro Mela, Tolomeo, Orazio, Mandeville, Fazio degli Uberti, Odorico da Pordenone, Pierre d’ Ailly … L’ Orlando Furioso, pur traboccando di paesaggi immaginari, lascia filtrare in velina queste precise e moderne cognizioni geografiche. La scoperta di Colombo

“del sole imitando il cammin tondo

ritrovar nuove terre e nuovo mondo”

( Furioso, XV, 21)

quanto il senso generale del globo

“finire tutto il cominciato tondo

per aver, come il sol, girato il mondo”

( Furioso, X,70 )

Dall’ India alla Scozia, dall’ Africa ai paesi boreali, tutti i viaggi dei personaggi si possono puntualmente tracciare sulla mappa.

L’ andamento sul Parallelo contrappone Oriente come mondo esotico d’ avventure e inseguimenti e Ocidente come campi di battaglie, spazi ristretti di combinazioni strategiche e amorose. Il corso del Parallelo è quindi un cambiamento ideologico e sociale del mondo: di là in oriente la magia, le strampalerie e il cavaliere che viaggia solitario; di qua la corte di Francia, le dispute psicologiche e i fatti d’ amore collettivi, i viaggi in compagnia.

I viaggi sul Meridiano, invece, sono spostamenti geografici in senso fisico, geologico, meteorologico; sono gradazioni termiche di temperature, dalle zone polari ( cfr. XI, 19 o XV, 12) a quelle torride o “rogge” ( cfr. XXXIII, 126). Gli spostamenti a Sud o a Nord sono trasferimenti necessari per i cambi di quinte scenografiche tra i vari paesi, sono spostamenti fisici, che implicano condizioni geografiche e climatiche differenti per far posto a diversi ambientamenti delle scene e delle situazioni psicologiche dei personaggi.

Anche se ciò denota una concezione di tipo nuovo dell’ informazione geografica, in Ariosto si nota piuttosto un delicato equilibrio tra mentalità moderna e legame con la tradizione. La concezione del viaggio non è piu’ medievale e al tempo stesso non è ancora esattamente moderna. Ariosto è nel momento di passaggio tra le due età. Da un lato gli aspetti etici medievali ( spirituali e anagogici): il viaggio di Astolfo, ad esempio, è una sorta di trasumanazione, viaggio che lo porta all’ Inferno e poi sulla Luna a incontrarsi con San Giovanni Evangelista; ma il senso più vero e profondo del viaggio medievale – il viaggio inteso come “ricerca errante” – è perduto da un pezzo. Nell’ Orlando il viaggio può essere un “errare” , un fuggire, un vagabondare; oppure un “ricercare”, un rincorrere, un seguire: ma i due termini non sono piu’ uniti nel senso fideistico del mettersi in cammino per cercare Dio lasciandosi condurre da lui. Ancora nel Furioso troviamo motivazioni religiose degli atti dei protagonisti; l’ ambientazione è evidentemente medievale; la guerra assume l’ aspetto di una santa difesa del suolo cristiano; ancora c’è un viaggio allegorico e figure metaforiche. Ma (oltre all’ ironia, che è indirizzata in special modo verso le gesta “sovra-umane” di Astolfo), nei protagonisti si sente una ragione ultima che è essenzialmente umana, lontana da Dio; protagonisti che sono prontissimi a lasciar stare la guerra contro i saraceni se in sogno, durante la notte, si sono ricordati di una donna; protagonisti il cui Codice è quello della Cavalleria, della Cortesia; l’ amore è certo piu’ profano che sacro; troviamo giostre, non processioni; anche gli eremiti – professionisti della religione – non sono perfetti credenti.

L’ umanesimo di fondo che si sente nell’ Ariosto è figlio del suo tempo. Non c’è ancora traccia del viaggio “esplorativo” di catalogazione, che sarà dell’ epoca posteriore; non si vede ancora il viaggio finalizzato che deve arrivare dove vuole, che deve descrivere precisamente ciò che incontra, utilizzando tutti gli strumenti di conoscenza possibili. Da “moderno”, Ariosto rifiuta il mappamondo religioso delle distinzioni etiche sullo spazio geografico, usando piuttosto una schematica carta del reale conosciuto; si muove con ordine tra paesi, mari e deserti, non evita nessun posto che gli sia antipatico, non si permette nessuna scappatella sulla veneranda carta del Tolomeo. E ciò in senso moderno. Poi va oltre, prosegue e ” va piu’ in là ” della carta; su quella mappa reale, moderna, Ariosto costruisce poi uno spazio immaginario alla maniera medievale. A lui non serve, come fa Tolkien – inventarsi una nuova carta per dar spazio alla fantasia: lui si muove già sulla carta reale, a suo piacere, in tutti i sensi; poi va oltre la carta e prosegue nell’ immaginazione. Con tutta tranquillità, ad esempio, descrive un viaggio in India in mezza giornata via-Ippogrifo, con i vari itinerari possibili, i venti, le temperature e tutto quanto può essere utile. Arrivato là, non si preoccupa minimamente di descrivere le meraviglie e le possibilità dei paesi nuovi: Ariosto, arrivato in India non trova altro paesaggio da descrivere che quello mediterraneo, usuale, di casa sua. Oppure trova – e possono essere ovunque – mostri, giganti e nani. Si sbizzarrisce senza gli scrupoli della verosimiglianza.

La carta gli interessa per creare uno schema di spazi e distanze, una scacchiera di relazioni logistiche tra un personaggio e l’ altro: per quanto riguarda le possibilità della sua fantasia non ha bisogno degli stimoli dell’ esotico per giustificare il meraviglioso. Per ciò “utilizza” la carta moderna, ma lo fa in un’ ottica che non è ancora moderna.

I temi del volo, delle armi, dei viaggi sono tutti temi che vengono trattati da Ariosto ancora da un punto di vista medievale: non c’è distacco dalle cose, non c’è agire a distanza.  Tipico è il rifiuto dell’ archibugio come arma che agisce a distanza annullando il coraggio del cavaliere

…quel tormento ch’ abbiàn detto

ch’al fulmine assomiglia in ogni effetto.

O maledetto, o abominoso ordigno

(Furioso, IX, 88,91)

In Ariosto il riflesso non diventa effetto ottico, il rimbombo non diventa effetto acustico ma entrambi sono effetti “magici” ( dello scudo di Ruggiero e del corno di Astolfo) ; l’ immagine non è effetto di teoria percettiva ma è predizione del futuro ( i quadri nella Rocca di Tristano); tutto ciò che è sofisticato non diventa descrizione scientifica ma oggetto di incantesimo ( raccolto nell’ indice del libro di Logistilla). I viaggiatori del Furioso sono tutto fuorché esploratori, fuorché studiosi dell’ itinerario piu’ efficiente e strategico, a tutto pensano fuorché a osservare per riferire: possono essere curiosi, certo, ma non per interesse, bensì per incanto. I cavalieri non sono guerrieri machiavellici attenti alle fortificazioni, alla macchina ingegnosa e alla trappola: possono essere crudeli, certo, ma non per calcolo bensì per passione. Gli argonauti Ariante, Astolfo e Ruggero non sono degli ingegneri: cavalcano il loro marchingegno con semplici staffe e redini come un normale cavallo, oppure non lo controllano per niente e si lasciano portare: possono essere affascinanti, certo, ma non per celebrazione della scoperta bensì per fantasia, per divertimento, per ironia.

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