Altro film italiano, ma tutt’altro discorso. La mafia uccide solo d’estate è un gran bel film. Punto.
Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, firma un film certamente di impegno civile, ma con la grazia e la leggerezza di un Forest Gump.
Le vicende del bimbo Arturo che cresce e ama la sua compagna di classe e adora Andreotti si mischiano a quelle di una città che durante gli anni settanta e fino al 1992 vide un continua serie di uccisioni prima per la guerra di mafia che portò Riina al controllo totale dell’organizzazione e poi per l’attacco furioso alle istituzioni che culminò con l’omicidio del generale Dalla Chiesa e di sua moglie e gli omicidi di Falcone e Borsellino.
Il film è anche una scusa per mettere alcuni puntini sulle “i” della storia recente: in barba alle responsabilità penali pare inesistenti e alla agiografia più recente il signor Andreotti ha avuto pesantissime responsabilità politiche e, di più, la paternità morale di molti di quegli avvenimenti. Quando, come ricordato giustamente nel film, non partecipò al funerale del Generale e di sua moglie e a chi gliene chiedeva conto rispose che “preferiva andare ai battesimi”, bé ecco che quella paternità mi pare emerse con chiarezza. Peraltro il film mostra scene di massa al funerale di Falcone e della scorta che non ricordo passarono in televisione di stato. I palermitani che rompono gli argini e travolgono le barriere imposte dalla forza pubblica pur di partecipare a quel funerale sono davvero impressionanti.
Quindi, sintetizzando, il fim è bello, ben scritto, ben girato, ben recitato, divertente e dissacrante ed insieme ben documentato. Usa un linguaggio diretto Pif nel racconto. Dice con semplicità le cose come stavano (e stanno). Chi non voleva vedere (in generale la gente), chi copriva (le banche e la chiesa), e in mezzo a tutto questo “gli eroi” comuni dei magistrati e dei poliziotti. La visita finale , poi, dell’ex bimbo Arturo, a propria volta divenuto padre, alle varie lapidi ai caduti per mafia (i giudici, i magistrati, i poliziotti, i carabinieri, i giornalisti, i politici) è l’omaggio conclusivo ad una città e ad una nazione, la nostra, che molto ha sofferto e che ahimé temo molto dovrà ancora soffrire per le stesse cause – solo si spera in maniera meno sanguinario.
Come dice la Michelin, merita il viaggio.