Anni fa ho conosciuto Loretta Veri che a sua volta mi ha fatto conoscere l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (Arezzo). O forse era il contrario. Fatto sta che ricevo questa fantastica newsletter che mi pare valga la pena anche altri conoscano.

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Non dimenticheremo mai 1984-2014

E’ già trascorso quasi un mese dalla fine del 30esimo Premio Pieve Saverio Tutino e la memoria di questa bellissima edizione si sta già consolidando dentro tutti noi. Ci sono molte cose che sono avvenute tra il 18 e il 21 settembre 2014 e che non dimenticheremo mai.

Non dimenticheremo mai Gaddo Flego, medico e uomo di straordinario spessore, che ha vinto il Premio di quest’anno condividendo con tutti noi la memoria intitolata “Tra i sopravvissuti. Rwanda 1994” che ha profondamente colpito la giuria nazionale, che ha scritto in proposito: “Ad appena trentuno anni, ma con una lunga esperienza già maturata in Ciad, l’autore, medico fiorentino al servizio di Medecins sans Frontières, parte per il Rwanda nel giugno del ’94, nella fase più cruenta del genocidio dei Tutsi. Raggiunta la città di Nyamata, un piccolo centro nel sud est del paese che ospita inizialmente circa 8.000 profughi, Gaddo, insieme ad una ridottissima équipe, cerca di riorganizzare il sistema sanitario della zona, muovendosi tra l’ospedale locale, un nuovo ambulatorio e tre orfanotrofi di fortuna aperti per far fronte agli arrivi sempre più massicci dei profughi. La sua memoria racconta, con uno stile severo, asciutto e quasi cronachistico, una esperienza che lo porta quotidianamente a contatto con la sofferenza, l’ingiustizia, la morte, ma anche con le contraddizioni delle organizzazioni non governative. Senza mai cedere alla retorica del dolore e al cosiddetto “protagonismo umanitario” il testo ha il merito di offrire uno sguardo di prima mano sul genocidio dei Tutsi e di superare la logica dominante, fino allo scorso decennio, della equidistanza tra le due forze in campo. Tra le pagine della memoria affiora anche la denuncia esplicita del ruolo ambiguo e reticente svolto dalle grandi potenze europee, preoccupate non tanto di fermare il genocidio, quanto di preservare l’incolumità degli occidentali”.

Non dimenticheremo mai neppure la storia di un altro finalista, “Il vaccaretto” di Giuseppe Anice, che la giuria del premio ha segnalato per l’alto valore simbolico: “Il gesto di Giuseppe che a settantacinque anni, dotato della sola seconda elementare, decide di raccontare per iscritto la propria vita per affidarla al ricordo dei figli e dei nipoti – hanno scritto i giurati – riassume in modo ideale il senso e la storia dell’Archivio Nazionale del Diario che proprio quest’anno compie il suo primo trentennio di vita”.

Non dimenticheremo nessuno degli altri sei finalisti che hanno reso unica questa edizione del Premio donandoci le proprie storie di vita: Andrea e Lorenza, autori dell’epistolario “Groviglio di anime”; Ruffino Barfucci, che ha scritto la memoria “Dalla Verna a Chaynekow”; Gabriele Camelo, autore della memoria “Boliviario”; Giancarlo Chailly, con il diario “Non ho alzato le mani”; Guido Chigi Saracini, che ha scritto diari e lettere riuniti nel titolo “Alla Grande Guerra in automobile”; Carmela Cosentino e Carmelo Guidotto, che ci hanno fatto scoprire l’epistolario “Dentro e fuori”. A tutti loro, e a quanti ci hanno fatto giungere queste scritture, l’Archivio esprime ancora una volta gratitudine e amicizia.
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L’Archivio grazie ad una collaborazione con la casa editrice Il Mulino pubblica raccolte di diari. Sono sempre una lettura eccezionale. Per saperne di più clicca qui.

Archivio Diaristico Nazionale.

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