Grazie all’amico Stefano di Aragorn qualche sera fa siamo andati ad ascoltare la quinta di Sostakovic diretta da Riccardo Chailly.
Il concerto faceva parte del programma Discovery ideato dalla Filarmonica della Scala in collaborazione con Unicredit. Sul podio, come detto, Riccardo Chailly, neo direttore musicale della Scala.
Confesso che prima di entrare in sala temevo molto, nella mia colossale ignoranza musicale, possibili sviluppi dodecafonici. La sorpresa, invece, è stata massima, sia per la musica, che per il modo e la maniera con cui ci è stata presentata.
Il maestro Chailly, infatti, ha utilizzato la prima parte della serata per commentare e ripercorrere l’opera, facendone apprezzare i contrasti, gli sviluppi armonici e l’intima sofferenza. Poi, dopo un breve intervallo, cambiatosi d’abito, il direttore ha magistralmente condotto l’orchestra nella piena rappresentazione della sinfonia.
Si capisce perchè questa composizione sia stata accompagnata dall’entusiasmo popolare alla sua prima rappresentazione nel 1937 a Leningrado. Il finale è un crescendo apparentemente ottimista che inganna le orecchie. Sotto e in contrasto continua lo sviluppo della personale pena del compositore.
E sì perché l’ascolto ci ha permesso anche di rivivere quel periodo complesso della nostra civiltà occidentale e della unione sovietica in particolare.
Sostakovic, bimbo prodigio, all’età di 30 anni stava spopolando alternando composizioni da camera, per orchestra o accompagnamenti per film. Poi nel 1936, due anni dopo la sua prima rappresentazione, si vuole che Stalin assistette alla sua Lady Macbeth e ne uscì disgustato. Il giorno seguente un articolo anonimo sulla Pravda stroncava l’opera che immediatamente fu ritirata.
Sostakovic, che stava provando l’esecuzione della quarta sinfonia, ritirò anche quella e cadde in un periodo di grave, gravissima preoccupazione per la propria vita e per quella dei suoi cari. Infatti dal 1934 in poi il regime staliniano uccise svariati intellettuali non del tutto allineati. Sostakovic temeva di essere ritenuto tale. Pare che Stalin stesso, informato dello stato d’ansia del compositore, con tipica magnanimità del tiranno lo rincuorò , non rinunciando a dargli però consigli musicali.
La risposta a tutto questo dolore e questa pena fu la quinta sinfonia. Composta in pochissimo tempo, essa si sviluppa, così ho imparato, lungo il contrasto tra una allegria e un compiacimento di facciata e un dolore profondo. L’allegria e il compiacimento vengono svolte in uno stile musicale ancora largamente ottocentesco, mentre il dolore, espresso da acute dissonanze o da interventi contrappuntistici, accompagna il tema principale come a farne un controcanto intimo, cupo e sarcastico. Molto bello davvero.
tutto questo ci ricorda come la nostra attuale libertà di espressione evidentemente sia passata anche attraverso quest’opera e quei poveri morti. Il nostro attuale amore per la libertà si è nutrito di tutti gli orrori della prima metà del novecento a cui i nostri nonni hanno dovuto assistere e che in alcuni casi hanno lambito anche i nostri padri.
sapremo conservarne memoria, cosicché anche i nostri figli sappiano? L’ascolto della quinta di Sostakovic aiuta.
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