In non so quale mercatino trovai una copia del celebre saggio che Eliot scrisse nel 1929. Per l’amore che provo sia per l’uno (the greatest), che per l’altro negli anni ho buttato giù una traduzione che, senza nulla a pretendere, ora mi accingo a riportare qui sotto ed in una successiva serie di post per mio futuro uso personale. Per certi versi è un modesto e irrilevante omaggio al Dantedi’ prossimo venturo. Se può essere utile a qualcun altro, meglio.


Prefazione.

Se il mio compito fosse stato quello di produrre un’altra breve introduzione allo studio di Dante non ne avrei avuto le competenze. Ma in una serie di saggi dal titolo Poeti su Poeti lo scopo, capisco, è molto differente. Uno scrittore di versi nello scrivere un pamphlet di questo genere deve solo rendere conto fedelmente della sua conoscenza del poeta di cui scrive.

Questo è niente più posso fare; e questo è il solo modo di trattare un autore del quale è stato scritto così tanto che possa avere la pretesa di qualche novità. Non ho trovato nessun altro poeta se non Dante cui rivolgermi continuamente, per molti scopi e con grande profitto nel corso di una familiarità che dura da vent’anni. Io non sono uno studioso di Dante; il mio italiano è da autodidatta e imparato soprattutto per leggere Dante; ho ancora bisogno di fare riferimento continuamente a traduzioni. Ciò nonostante mi è capitato che raccontando come è avvenuta la mia graduale e ancora per molti versi lacunosa conoscenza di Dante ho potuto aiutare chi deve iniziare da dove io iniziai – da una conoscenza del latino solo scolastica, una infarinatura da turista dell’italiano, una traduzione letterale con testo a fronte. Per questo l’ordine di questo saggio è l’ordine con cui ho imparato. Inizio con qualche dettaglio e approccio allo schema generale. Iniziai con brani dell’Inferno che potevo capire, poi passai al Purgatorio nella stessa maniera e solo dopo anni di questa esperienza iniziai ad apprezzare il Paradiso; dal quale tornai indietro alle altre parti del poema e lentamente ho compreso l’unità del tutto. Credo sia del tutto naturale e giusto approcciare la Vita Nuova alla fine. Un lettore inglese che legga la Vita Nuova troppo presto corre il pericolo di leggerla sotto l’influenza dei Pre-Raffaeliti.

Il mo scopo è stato quello di convincere il lettore per prima cosa dell’importanza di Dante come un maestro – potrei persino dire come il maestro – per qualsiasi poeta scriva oggi in qualsiasi lingua. Non credo in chi pretende di giudicare la poesia moderna senza conoscere Omero, Dante e Shakespeare. Anche se non per questo un poeta che non conosca questi tre debba essere per forza considerato trascurabile.

Avendo così inquadrato questo saggio non ritengo io debba fornire una bibliografia. Chiunque può trovare su Dante molta più bibliografia di quanta possa mai usare. Ma mi fa piacere ricordare un libro ha mi è stato utile: il Dante del professor Charles Grandgent di Harvard. Devo qualcosa anche al saggio del signor Ezra Pound nel suo Spirit of Romance, ma ancor di più alle nostre discussioni sul tema, e devo anche qualcosa al saggio del signor Santayana nel Three Philosophical Poets. E suggerisco di dare almeno una occhiata alle Lezioni di W.W. Vernon per avere una idea di quanto in profondità si debba andare con Dante nello studio della filosofia medioevale, della teologia, della scienza e della letteratura.

Il lettore che avevo in mente nello scrivere questo saggio è un lettore che comincia la sua lettura di Dante con la splendida edizione dei signori Dent nella collana Temple Classics. Per questo nelle citazioni faccio riferimento a quella edizione. ……..

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