Mendes è uno dei registi degli ultimi 007. In passato aveva diretto il bellissimo American Beauty.

In 1917 si cimenta nel raccontarci una giornata della prima guerra mondiale, durante la quale due giovani caporali dell’esercito inglese sono inviati a trasmettere un ordine ad una divisione distante 15 chilometri. Peccato che quei 15 chilometri siano in territorio nemico. In realtà si scoprirà che quella è terra di nessuno e per questo ancora più piena di pericoli.

Il film è stato girato in omaggio del nonno di Mendes, soldato di quella guerra, basandosi anche in parte sui suoi racconti al nipote.

I critici dicono che il merito di Mendes è stato quello di aver mosso una guerra che è stata tipicamente statica. Trincea contro trincea. Mortai contro mortai. Da qui i due ragazzi devono uscire di nascosto e lanciarsi nel vuoto e nell’orrore della terra di mezzo. Cavalli morti, cadaveri abbandonati, fango, topi, trappole, edifici abbandonati, case diroccate, incendi, ubriachi, fucilate, pugnalate, tutto in poco meno di due ore di corsa a perdifiato senza mangiare o bere, dormendo poco o punto, fino alla ascesa finale, quando nel bosco si sente una voce che canta a lungo una dolce nenia.

Chiunque abbia un figlio che giochi a Call of Duty (o abbia giocato direttamente) riconoscerà immediatamente ciò che ha ispirato da un punto di vista narrativo Mendes. Il film è in una continua soggettiva, esattamente come quel gioco di guerra e come la stragrande maggioranza dei giochi di ruolo presenti sul mercato. Anche il protagonista è stato truccato in maniera tale da sembrare un fumetto. L’impianto lo stesso: nel gioco, come nel film, al protagonista viene assegnata una missione “impossibile” in un tempo altrettanto “impossibile” e lui si lancia nel cercare di portare a termine quell’obiettivo in quel tempo.

Ed esattamente come nel gioco (nei giochi) nell’eseguire la missione non c’è spazio per la fatica, le ferite, la fame, la sete: tutto scompare alla luce del più alto scopo.

Quindi: se vi piace la grafica dei giochi di ruolo presenti in rete, vi piacerà anche 1917. Se vi piace l’avventura e i racconti nei quali gli eroi si trovano a fronteggiare continuamente nuove situazioni disperanti, allora vi piacerà anche 1917.

Io per me ho trovato sorprendente e bella la resa della città incendiata di notte e commovente il canto nel bosco che segna il termine dell’avventura.

Breve inciso sociologico: gli inglesi amano cantare insieme o ascoltare cantare. Negli stadi di calcio spesso i tifosi inglesi cantano. Dai miei ricordi giovanili emergono pub londinesi nei quali ad un certo punto della serata tutti iniziavano (iniziavamo) a cantare insieme. La sensazione è che faccia popolo, nazione, comunità, cosa che non per niente in Italia c’è poco o punto.

In sintesi: il film vale sicuramente il biglietto, anche se non lo definirei, come ho letto da molte parti, un capolavoro. American Beauty rimane nel ricordo migliore. Augh, ho detto.

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