L’altra sera su Mubi (piattaforma online per vedere film essai o giù di lì) abbiamo visto il film Il tetto del 1956 diretto da Vittorio De Sica con sceneggiatura di Zavattini (per cui ha vinto il Nastro d’Argento nel 1957). Presentato alla nona edizione del Festival di Cannes raccolse il premio dell’Office Catholique International du Cinéma (OCIC).

Fu l’ultimo film neorealista di De Sica, interpretato da attori non professionisti, tanto che si dovette doppiare il protagonista maschile Giorgio Listuzzi (ex giocatore di calcio, reclutato mentre stava pensando di emigrare in Australia) con la voce e la recitazione di un giovane Renzo Palmer.

La trama è semplice e ricorda numerosi film di quel periodo (uno su tutti Totò cerca casa del 1949 oppure Arrangiatevi del 1959) e costituisce, come diremmo oggi, il prequel di quel capolavoro che è stato Brutti, sporchi e cattivi del 1976.

Il film è intimamente denso di buonismo, ma fotografa con esattezza lo stato della capitale in quegli anni. Il veneto Natale sposa Luisa che lavorava come domestica con vitto e alloggio pagato, ma sono senza casa e la convivenza con la famiglia di lui (dieci persone in due stanze) risulta impossibile. Allora cercano prima una casa in affitto, ma l’unica che viene offerta loro a prezzi accettabili è stata bombardata e resa inagibile durante la guerra e verrà sgomberata solo nel corso del film (quindi a dieci anni dalla fine della guerra a Roma esistevano numerosi edifici bombardati, ma ancora abitati dai precedenti proprietari), per poi accettare il suggerimento di un collega che lo invita a costruirsi una baracca in muratura su un terreno demaniale nei pressi del fiume Aniene. La pratica è ovviamente vietata, ma la legge impone il rispetto delle costruzioni già esistenti, ovvero la casa (una stanza da 4 x 3) deve essere costruita e avere un tetto nel corso di una notte, quando “le guardie” non passano, così che il mattino seguente non possa essere abbattuta.

L’impresa riesce solo parzialmente (il tetto non è completamente finito) e le guardie non fanno rapporto, ma solo una lieve multa, anche perché quando visitano la nuova abitazione trovano la moglie di Natale che culla un lattante non suo: le è stato prestato da una vicina solo per impietosire le guardie. Il film contiene anche un breve omaggio a Chaplin con la presenza di un orfano che girovaga durante la notte e aiuta come può nella costruzione della “casa”.

Siamo nel 1956. Io sono del 1957. Questa è l’Italia da cui provengo, quindi, nonostante, grazie a Dio, in famiglia non avevamo esperienze né dirette né indirette di questo tipo, ma che tutto il territorio italiano fosse in quegli anni utilizzato per costruire, costuire e ancora costruire abitazioni e condomini è sotto gli occhi di tutti.

Nel 1976 le baraccopoli romane che ancora esistevano (ed esistono) erano popolate da brutti, sporchi e cattivi e la solidarietà tra poveri era largamente dimenticata. Oggi siamo ai quartieri Bastogi del Come un gatto in tangenziale. Gli italiani convivono con gli immigrati in condomini poco o male gestiti, però almeno apparentemente un tetto ce l’hanno tutti. Sarà così?

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