Recentemente siamo andati a vedere due spettacoli al Parenti, la cui programmazione, a dire il vero, può definirsi quantomeno vivace e interessante, anche se il dato che maggiormente mi ha colpito è la diversità antropologica degli spettatori rispetto a quelli che mi è dato di vedere normalmente al Piccolo.
Il primo spettacolo è stato La leggenda del santo bevitore nella riedizione della regia che Andrée Ruth Shammah curò anni fa. Se quella volta il mattatore fu il grande Piero Mazzarella, questa volta è l’altrettanto grande Carlo Cecchi.
Detto che qui non si discute l’eccellenza recitativa di Cecchi (e come si potrebbe?), quel che si discute è sulla impostazione generale dello spettacolo, che segna, specie se confrontato con Eduardo di cui dirò tra poco, l’alzo zero del teatro. Un’unica scena, un unico personaggio, sempre seduto, semiubriaco, che recita ampi stralci dell’opera di Roth. Non uno sviluppo scenico, non un cambiamento di voce o atteggiamento da parte del protagonista (per la verità in scena ci sono altri due attori relegati a parti insignificanti, non solo per rarità di battute, ma per economia della rappresentazione): tutto declinato lungo una litania che racconta la storia del santo bevitore con in vago cenno di pathos nella seconda parte. Insomma, una noia mortale, per vincere la quale (e la conseguente tentazione del sonno) si deve ricorrere a numerosi pizzicotti o costose caramelle.
Il secondo, viceversa, è l’apoteosi del teatro. Uomo e galantuomo di Eduardo, commedia (farsa) del 1922 negli anni non ha perso un grammo della sua potenzialità comica. A nulla conta il cambiamento della condizione femminile avvenuta in questi cento anni, cambiamento che dovrebbe rendere meno comprensibili certe dinamiche, ma che viceversa non ne intaccano il fondamento.
Una decina di attori capitanati da Geppy Gleijeses, nel ruolo del capocomico Gennaro De Sia, fanno rivivere appieno non solo la magia eduardiana (in certi momenti, grazie alla vocalità di Gleijeses sembra di vedere Eduardo sul palco), ma il teatro in senso proprio. La commedia oltre ad essere di una comicità devastante (difficile resistere alle risate, specie nel primo atto, quello nel quale la strampalata compagnia teatrale L’Ecclettica prova Malanova di Libero Bovio) ha una precisione di tempi e una sincronia di recitazione davvero di eccellenza.
A mio modesto avviso il teatro necessita per essere tale di una compagnia teatrale. I monologhi non sono teatro da questo punto di vista, ma un altro tipo di rappresentazione che non per questo può non essere apprezzata, ma non ha le caratteristiche del teatro in quanto tale.
Qui con la bravura di tutti i protagonisti si assiste ad un vero spettacolo teatrale, nel quale si ride, tanto, non senza non apprezzare la precisione e la sincronia dei movimenti in scena. Bravi. Vale il biglietto.




