Bel film Social Network, al di là e a prescindere dalla cosiddetta attualità di una azienda che pare oggi possa contare su 500 milioni di utenti (dei quali magari una metà doppi o falsi o dormienti, ma comunque una bella cifra!!).

Bel film perché racconta senza fronzoli l’ascesa di Mark Zuckerberg, ideatore e “costruttore” di Facebook, e racconta soprattutto la vita di Harvard e della giovane società americana, tra campus fantascientifici per noi italiani e un mito del successo sociale che permea tutto il tessuto sociale.

Un esempio: il rettore di Harvard alle proteste di chi sostiene che Zuckerberg gli ha fregato l’idea risponde di andare a pensarne una nuova: Harvard, dice, è piena di studenti del primo anno che continuamente inventano nuovi modelli di business per divantare miliardari. That’s America. E questa tensione allo sviluppo come fonte di successo e denaro personale è anche il motore di una nazione che non perde il treno, che, non solo vuole, ma sta davanti al resto del mondo cercando di capire e interpretare ciò che serve per migliorare il nostro modo di vivere.

Dal film emerge che Zuckerberg è un genio, gelido, insicuro e incapace nei rapporti umani, ma genio vero, più veloce e sicuro di tutti gli altri che gli stanno intorno di anni luce. E se lui è un genio Harvard è il posto giusto per farlo crescere, con i suoi laboratori e le sue aule, con i suoi appartamenti e le sue stupide feste, i suoi stupidi riti (tutti a sfondo classista e/o di nonnismo), ma soprattutto con i suoi studenti che sanno di dover essere all’altezza per poter essere e continuare ad essere lì.

Il problema, ovvio, non sta tanto nelle università, quanto nella società e la nostra, come notava Severgnini in una illuminante commento critico al film, è ferma, basita, spenta, da classi e corporazioni uguali se non peggiori a quelle americane.

Un’ultima cosa: vedendo il film si intuisce il lavoro che sta dietro alla creazione di una cosa come Facebook, le applicazioni, la scrittura, il pensiero, l’attenzione costante richiesta per il suo sviluppo e il suo arricchimento. Certo per comprenderlo appieno bisogna essere su Facebook. Per chi è fuori da internet, più difficile comprendere. Per quelli resta la storia di un capitalismo felice che sta cambiando il profilo del mondo.

Troppo entusiasmo? Forse

ciao sandro (sandro.frera@yahoo.it)