Nel week end ultimo scorso, siamo andati al cinema sia il sabato che la domenica. Date le nostre abitudini sonnacchiose è una novità da circollettare in rosso sul calendario.
Al di là di queste notazioni familiari, i film visti sono stati “Scialla!” e “Un metodo pericoloso”. Il primo, come noto, è di un cineasta abbastanza alle prime armi, almeno stando alle mie limitate conoscenze. Il secondo è di un maestro come Carpenter.
Scialla è la storia di un padre e un figlio, che si trovano alla bella età del figliolo di quindici anni. Una gravidanza non desiderata aveva consigliato alla giovane madre di affrontare la cosa da sola, senza darne notizia al padre, il quale peraltro, per i casi della vita, scomparve abbastanza presto dalla vita della ragazza. Dopo quindici anni, l’ex ragazza ritrova l’antico amore e gli affida il figlio per un breve (ma neanche tanto breve) periodo. Ovviamente mettendolo a giorno dell’accaduto e della relazione filiale.
Di qui si innescano una serie di avventure che giiungono allo svelamento felice della relazione padre-figlio anche al ragazzo fin lì ignaro. Film leggerino, fantascientifico da un certo punto di vista, ahimè del tutto realistico al contrario nella psicologia a se stante dei protagonisti, un padre in fuga da se stesso, un ragazzo confuso, incerto e spaccone.
dico fantascientifico perchè alcuni tratti sono irrealistici, come l’essere il ragazzo, che secondo la storia è al primo anno di liceo classico, una star della scuola (chiunque ricorda che i primini sono degli essere sfortunati e sconosciuti anche a loro stessi), oppure la mancata reazione psicologica da parte del ragazzo allo svelamento, che avviene in circostanze di grande tensione emotiva, che quell’uomo che aveva fin lì considerato un ex professore di lettere, probabile amante di sua madre, in realtà è suo padre.
al contrario, dicevo, sono tristamente reali le psicologie individuali dell’ex professore che vivacchia e del ragazzino che non sa cosa fare della propria vita. due debolezze possono creare una forza? questo è forse la speranza del film?
Un metodo pericoloso racconta invece della nascita della psicoanalisi e dei rapporti conflittuali tra un giovane Jung e un anziano Freud, sullo sfondo della relazione pericolosa dello stesso Jung con una sua paziente, invitata caldamente a divenire essa stessa terapeuta.
Freud, squattrinato e fascinoso, frena. Jung, ricco (per parte di moglie), bello, indolente e sensibile accelera, si lascia travolgere, si deprime, si appanna, per poi, nei titoli di coda, rinascere a nuova forza.
Freud che tenta di tenersi aggrappato alla scienza, al metodo scientifico. Jung che, come altri, rifiuta il solo raziocinio per spiegare l’irrazionale che è in noi.
Non è difficile, dai colloqui riportati nella sceneggiatura, comprendere le morivazioni di Freud: un metodo nuovo che scandaglia ciò che non era mai stato scandagliato ed usa la parola, il racconto come grimandello per comprendere ed autocomprendere le dinamiche psicologiche. Parlare, parlare da soli, ad alta voce (il terapeuta deve porsi alle spalle, al di fuori dal campo visivo, ancorché ovviamente ben entro il campo emotivo), farsi ascoltare, ma non vedere, questo è il metodo per lasciarsi capire e capirsi.
Le interpretazioni devono essere, secondo Freud, le più semplici e razionali possibili, con fortissime influenze a matrice sessuale. Jung no, vuole andare oltre, cerca l’irrazionale, il mistico e la sua discendenza da un pastore protestante e le sue prime esperienze formative in Svizzera ne fanno capire bene il desiderio e l’auspicio. Ma Freud è contrario, teme per sè e per la sua giovane scienza, teme che possa essere travolta da pettegolezzi e fantasie.
Per me assoluto neofita della materia il film è ben fatto e sufficientemente distaccato per lasciarne comprendere anche il non detto. Come poi possano esistere persone che fisicamente provano piacere e orgasmi ad essere battute e picchiate, ebbene questo va oltre, come molte altre cose anche ben più semplici, delle mie pur non comuni doti di comprensione.
riassunto: Scialla se necessitate di due ore di relax va bene. Il metodo pericolo è invece adatto a ripensare un po’ alla storia recente e ad alcuni aspetti della nostra psiche.
ciao