Leggo oggi questa storia particolarmente interessante.

Si dice che Bansky, il noto e allo stesso tempo sconosciuto artista inglese, sia a New York, dove sta decorando i muri anonimi della città.

Si dice anche che Bansky abbia acquistato in un negozietto di roba usata un paesaggio ad olio “banale” . Sul quadro ha aggiunto, si dice ancora, un nazista di spalle seduto su una panchina che osserva il paesaggio dorato.

Poi il nostro ha spedito questo quadro ad una casa d’aste dicendo che era una sua opera e la casa d’aste l’ha messo in vendita e aggiudicato per, pare, 600 mila dollari.

Il titolo attribuito da Bansky alla propria manipolazione è la banalità della banalità del male, titolo che come noto rieccheggia un famoso libro della Arendt sul caso Eichmann.

Ma la banalità sta nella banalità dell’amore nazista per l’arte non degenerata (il paesaggio)? O nella banalità del mondo dell’arte che premia nome e idea più che “opera”?

Fatto sta che se aveva ragione Bacon quando sosteneva che compito dell’arte era la ricerca dell’immagine, ebbene questa creata (o proposta) da Bansky è una “immagine” che buca il nostro immaginario e rimane. Chapeau!

 

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