Simenon è Simenon. Non si discute. Uno capace di scrivere più di cento episodi di Maigret e una sessantina e più di romanzi e racconti lunghi (e di venderli tutti), embé non si discute.
Se Maigret stupisce sempre per l’umanità della deità (vi piace questa dissonanza? a me no, ma a quest’ora il convento non passa altro) (i.e. Maigret è dio che osserva una umanità dolente e non la giudica, ma, come dire, la constata), alcuni suoi romanzi e racconti sono illustrazioni e analisi di certi uomini (meno certe donne), di alcuni stati d’animo, di una certa provincia francese.
La camera azzurra, che Adelphi pomposamente presenta come uno dei massimo capolavori di Simenon, è tutto questo. E’ un libro che si beve in poche ore, tratti e ipnotizzati dal meccanismo al contrario del giallo che non c’è. E’ un libro in cui la provincia agricola e arretrata emerge con una chiarezza apprezzabile soprattutto da chi ha vissuto le atmosfere dei paesi abbandonati in mezzo alle pianure e alle campagne. Le piccinerie, la quiete e al contempo l’irrequitezza, il senso della storia familiare, i ricordi, la chiusura verso tutto ciò che non è del posto (foss’anche viva lì da decenni), ecco tutto questo è stato descritto con perfezione e completezza, pur nel rispetto rigoroso dell’assunto principe di Simenon: la parsimonia espressiva.
La vicenda si snoda dalla fine (quasi) fino all’inizio e viceversa, in una raffinatezza stilistica, che fa della ripetizione ossessiva di poche frasi il nucleo portante di tutto il racconto.
Una certa scena viene vissuta e rivissuta uguale varie volte nel corso della pagine, senza aggiunte o precisazioni, così come è stata registrata la prima volta e così per sempre, fissata, scolpita nella memoria del protagonista.
L’uomo superficiale e buono, afflitto dai sensi di colpa, viene descritto minuziosamente e alla fine del libro ciascun maschio per poco o per tanto si dice: avrei potuto essere io.
Il meccanismo è perfetto. Il ritmo ossessivo. Le parole misurate. Tutto va giù perfetto e al termine la vicenda dei due amanti della camera azzurra rimane nella memoria, lasciando un senso di inquietudine nella buona fede altrui.
bello. merita il viaggio
Ho letto molti romanzi di Simenon (quelli che esulano dal famoso Maigret); il suo stile è inconfondibile, grazie ad uno stile che fa della sua scrittura un piacevole intrattenimento soprattutto per quella capacità di trasportare (anche attraverso un lieve accadimento!) attraverso un ritmo ascendente verso una tensione di tipo psicologia in grado di mettere alla berlina i sentimenti e le emozioni umane. La Camera Azzurra è tra i più interessanti proprio per aver colto in uno spazio temporale breve e confinato (come dici, nell’area campestre molto ristretta), tutta la capacità di mostrare l’animo più umano (con tutte le sue contraddizioni) dei personaggi.
sì, nella camera azzurra, ma in generale in simenon, c’è un climax che attrae come calamita. dirlo è facile. scriverlo meno.