Ieri in Duomo a Milano tradizionale concerto di Natale, il ventottesimo.

Tra i vari brani eseguiti (Mozart, Vivaldi, Esenvalds, Grecaninov e Adam – gli altri autori eseguiti) quelli di Britten (a ceremony of Carols) e di Morricone (Gabriel’s oboe) mi hanno particolarmente colpito.

Così come mi ha colpito questa citazione dello stesso Britten: “è crudele che la musica debba essere così bella. La musica ha la bellezza della solitudine e del dolore, della forza e della libertà.  Ha la bellezza della delusione e dell’ amore che non trova mai soddisfazione. Ha la crudele bellezza della natura e l’eterna bellezza della monotonia.”

A mio modesto avviso è,  quella di Britten, una osservazione  che vale per tutte le arti. Certamente per la pittura.  Ma l’errore, come dire, definitorio e logistico non la rende meno vera e, anch’essa, bella. L’arte tutta è crudelmente bella e tutta sa di solitudine e spesso di dolore.

Resta del concerto la speranza che da qualche parte nel grande globo terracqueo, qui,  ora, altri compongano musiche altrettanto crudelmente belle.

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