Ciò che è sorprendente della poesia di Dante è che essa è in un certo senso estremamente semplice da leggere.

E’ un test (un test positivo, non dico che esso sia sempre valido quando è negativo) che la vera poesia possa essere comunicata prima di essere capita.

La prima impressione può essere verificata con una maggiore conoscenza; mi sono innamorato di Dante e di altri poeti in lingue delle quali sapevo poco, perché in quelle impressioni non erano per nulla fantasiose.

Esse non erano dovute, intendo, al fraintendimento di un passaggio, o nell’avervi letto qualcosa che non c’era o a fortuite evocazioni sentimentali di un qualcosa del mio passato. L’impressione era nuova, credo fermamente, e oggettivamente dovuta a “emozione poetica”.

Ci sono molte specifiche ragioni per questa esperienza della prima lettura di Dante e che spiegano la mia affermazione di una sua facilità di lettura. Non voglio dire che egli scrivesse in un italiano molto semplice, perché Dante non scrive così; o che il suo contenuto sia semplice o espresso in maniera semplice. E’ spesso espresso con una tale forza di sintesi che il chiarire tre righe necessita un paragrafo e le sue citazioni una pagina di riferimenti.

Ciò che ho in mente è che Dante è, in un senso che va chiarito (dato che la parola in sé significa poco) il più universale dei poeti in lingue moderne. Questo non significa che egli sia il più grande o che egli sia il più completo – c’è una varietà di dettagli ancora maggiore in Shakespeare. L’universalità di Dante non è semplicemente una questione personale. La lingua italiana, e specialmente la lingua italiana dell’epoca di Dante, si avvantaggia molto dall’essere il prodotto immediato del Latino universale. C’è un qualcosa di molto più locale nelle lingue in cui si sono espressi Shakespeare e Racine. Questo non significa, di nuovo, che l’Inglese o il Francese siano inferiori, come veicoli di poesia, all’Italiano. Ma l’Italiano vernacolare del tardo medioevo era davvero così vicino al latino, come espressione letteraria, per la ragione che uomini, come Dante, che lo usavano avevano studiato, in filosofia e in tutte le altre materie, in latino medioevale. Ora il latino medioevale è una lingua molto raffinata; una prosa e una poesia raffinata erano stati scritti in Latino; ed aveva la qualità di un Esperanto altamente sviluppato e letterario. Quando leggi la filosofia moderna, in inglese, francese, tedesco o italiano, sei colpito da differenze nazionali o razziali di pensiero: le lingue moderne tendono a connotare il pensiero astratto (la matematica è oggi l’unico linguaggio universale); ma al contrario il latino medioevale tendeva a concentrarsi su ciò che uomini di diverse razze e nazioni potevano pensare insieme.

Alcune delle caratteristiche di questa lingua universale mi pare siano proprie del fiorentino di Dante; e la specificità locale (il fiorentino) sembra enfatizzare l’universalità, perché taglia di traverso la moderna divisione nazionale. Per apprezzare la poesia francese o tedesca, penso che uno debba avere una qualche simpatia per il modo di pensare francese o tedesco; Dante, nonostante sia un Italiano e un patriota, è prima di tutto un Europeo.