Come ogni mese la libreria La Zafra di Chiavari mi invia l’elenco dei dieci libri più venduti nello scorso mese di luglio. Eccola:

  1. Giovanni Lindo Ferretti NON INVANO Mondadori – “Tragicità e meraviglia hanno segnato le mie stagioni, sempre irriducibili sempre insolubili. È il mistero del vivere ad attrarre ogni mio interesse e ogni mio interesse vi si rispecchia, vi trova giustificazione o motivo di consolazione. Il succedere degli avvenimenti, il mutare delle situazioni, il permanere dell’ignoto e dell’indicibile. Non è una opzione ideale, non corrisponde ad uno stimolo sociale, è una necessità carnale e materica riflessa nel paesaggio, scolpita e dipinta, assemblata nelle architetture rurali, civili e religiose. Nutrita di letteratura, di silenzio e di preghiera. E quando niente torna è inutile negarlo. Il passato è ciò che posseggo, il presente è il tempo che mi è concesso, il futuro arriva e mi troverà comunque impreparato. Il mio aiuto, la mia sola forza, sta nell’essere radicato. Una famiglia, una comunità, una terra, una lingua, una religione. Usanze, costumi, modalità dell’essere e dei comportamenti. E tutto sta finendo. Moribondo, quando non già morto.”
  2. AAVV UNA NOTTE IN GIALLO Sellerio – La nuova antologia targata Sellerio. Delitti e intrighi da risolvere nel buio della notte, otto storie più nere che mai.
  3. Corciolani CON L’ARTE E CON L’INGANNO Rizzoli – Una nuova serie legata al mondo dell’arte, con una protagonista esplosiva e l’incantevole scenario dell’entroterra ligure. Edna Silvera, cinquantasette anni, è storica dell’arte e restauratrice di grande talento. Abita in una villetta a Chiavari e l’unica compagnia che gradisce è quella del gatto Cagliostro e delle sue galline, che adorano la musica degli ABBA e hanno nomi da dive del cinema (la Garbo, Marilyn, Bette Davis, la rossa Rita Hayworth). Chi la conosce sa che non ha peli sulla lingua: che si tratti di mettere in riga la madre ottantenne, Zara, che fa fuori una badante dietro l’altra, o di farsi valere con i baroni universitari, lei non si tira indietro. Anche se spesso finisce col mettersi nei guai. Dopo aver dato del “coglione maschilista” a un collega, Edna viene spedita a una conferenza a Siestri, paesino dell’entroterra ligure abbarbicato sui tornanti. Una punizione bella e buona, coronata da un piccolo incidente d’auto che la costringe a entrare nel negozio più vicino – la bottega di un antiquario – per cercare aiuto. Quando scopre il cadavere del proprietario riverso a terra dietro una tenda e con le braghe calate, la polizia la considera una semplice testimone. Ma poi è lei a notare un dettaglio: un’antica tavola di legno che, sotto uno strato di pittura, potrebbe nascondere un tesoro…
  4. Fezzi ROMA IN BILICO Mondadori – Cosa hanno in comune le mitiche vicende di Romolo, di Lucrezia e delle oche del Campidoglio, la precoce morte di Alessandro «il Grande», la titubanza di Annibale Barca dopo la clamorosa vittoria di Canne, la straordinaria vita di Gaio Giulio Cesare e il suo feroce assassinio, le decisive battaglie di Filippi, Azio, Teutoburgo, ponte Milvio e Adrianopoli? Si tratta di personaggi ed eventi, leggendari o reali, che hanno segnato vere e proprie svolte nella storia di Roma antica e che – per importanza e, spesso, imprevedibilità – hanno suggerito, già tra i contemporanei, interrogativi sui destini dell’uomo e del mondo, ispirando riflessioni ucroniche e controfattuali. Insomma, hanno generato quei famigerati «se» con i quali, ci è sempre stato insegnato, non bisognerebbe mai fare la storia. Ma quando a porseli sono uomini che la storia l’hanno fatta in prima persona, come Cesare, Napoleone o il generale Montgomery, o grandi intellettuali, quali Livio, Plutarco, Gibbon, Burckhardt o Toynbee, forse un’eccezione la meritano. Ne è convinto lo storico Luca Fezzi il quale, esplorando una dozzina di questi «se» – tutti rigorosamente «di autore» -, ci guida lungo il corso delle millenarie vicissitudini dell’Urbe, città «eterna» ma mai immobile, anzi, sempre «in bilico» tra scenari alternativi, spesso opposti. Potremo così chiederci se quanto avvenuto era già scritto, o se sussistevano invece, per Roma, altre possibilità e quali sarebbero state le eventuali conseguenze: per esempio, non nascere, non diventare repubblica, venire abbandonata per la vicina Veio, scontrarsi con Alessandro o soccombere ad Annibale, non conoscere le imprese di Cesare, le riforme di Augusto e di Costantino, resistere più a lungo alle pressioni dei popoli germanici. Con lo stesso spirito e grazie a una profonda conoscenza delle fonti, in questo percorso poco ortodosso ma assai intrigante tra momenti epocali della vicenda di Roma e del suo impero, l’autore ridà voce al controcanto delle narrazioni e testimonianze dissonanti, minoritarie, talvolta improbabili, eco lontane del perenne contrasto tra un passato irrevocabilmente unico e l’universo dei suoi infiniti ma irrealizzati possibili.
  5. Kundera UN OCCIDENTE PRIGIONIERO Adelphi – Nel giugno del 1967, poco dopo la lettera aperta di Solženicyn sulla censura nell’Urss, si tiene in Ceco­slovacchia il IV Congresso dell’Unione degli scritto­ri. Un congresso diverso da tutti i precedenti – me­morabile. Ad aprire i lavori, con un discorso di un’audacia limpida e pacata, è Milan Kundera, allo­ra già autore di successo. Se si guarda al destino della giovane nazione ceca, e più in generale delle «piccole nazioni», appare evidente – dichiara Kundera – che la sopravvivenza di un popolo dipende dalla forza dei suoi valori culturali. Il che esige il rifiuto di qualsiasi interferenza da parte dei «vandali», gli ideologi del regime. La rottura fra scrittori e potere è consumata, e la Primavera di Praga confermerà sino a che punto la rinascita delle arti, della letteratura, del cinema a­vesse accelerato il disfacimento della struttura poli­tica. A questo discorso, che segna un’epoca, si ricol­lega un intervento del 1983, destinato a «rimodella­re la mappa mentale dell’Europa» prima del 1989. Con una veemenza che il nitore argomentativo non riesce a occultare, Kundera accusa l’Occidente di ave­re assistito inerte alla sparizione del suo estremo lem­bo, essenziale crogiolo culturale. Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia, che all’Europa appartengono a tut­ti gli effetti, e che fra il 1956 e il 1970 hanno dato vita a grandiose rivolte, sorrette dal «connubio di cultura e vita, creazione e popolo», non sono infatti agli oc­chi dell’Occidente che una parte del blocco sovieti­co. Una «visione centroeuropea del mondo», quella qui proposta, che oggi appare ancora più preziosa e illuminante.
  6. Markaris LA CONGIURA DEI SUICIDI Nave di Teseo – Tra agitazioni sociali dovute alle chiusure, crisi economica, negazionisti, cospirazionisti e antivaccinisti, Kostas Charitos deve affrontare un’indagine complessa che lo porterà a scavare, una volta ancora, nel ventre molle di Atene e della sua gente, sfinita ma indomita. Atene sta affrontando il momento più duro dell’epidemia, la città è in lockdown e tutti soffrono le conseguenze psicologiche ed economiche delle restrizioni, anche la famiglia di Charitos. Per lui però, almeno al lavoro, è un periodo tranquillo, sembra che anche gli assassini preferiscano stare chiusi in casa. Ma la calma non dura a lungo e quando un suo vecchio collaboratore, Vlasòpoulos, gli chiede consiglio riguardo una strana lettera d’addio che inneggia a una fantomatica “congiura dei suicidi”, Charitos non può far altro che iniziare a indagare. Anche perché la lettera diventa un caso sui social, provoca manifestazioni contro le ristrettezze causate dal lockdown e i suoi superiori vogliono che scopra chi c’è dietro. La situazione peggiora quando
  7. Giussani ALLE RADICI DI UNA STORIA Rizzoli – Nel centenario della sua nascita, queste pagine scelte tra gli scritti di don Giussani restituiscono l’immagine di un uomo di fede che ha fatto dell’educazione dei giovani e della dimensione dell’incontro i perni della propria esistenza e del proprio messaggio. Ripercorrendo il suo cammino, dal giorno in cui ha capito cosa fosse l’esistenza di Dio a quelli in cui ha guidato uno dei più grandi movimenti cattolici al mondo, don Giussani lascia traccia delle idee che lo hanno reso il più gran-de educatore del Novecento. Ed è nell’importanza attribuita all’educazione dei giovani, infatti, che si deve individuare l’elemento cardine della sua proposta. Rivolgendosi a loro con parole ed esempi che provengono dal loro sistema culturale, don Giussani li ha guidati in un percorso che doveva necessariamente partire dalla piena conoscenza di se stessi: non per imporsi sull’altro, ma per poter incontrare e accogliere l’altro. Una vera e propria educazione sociale in cui i valori cattolici sono le linee guida da seguire per il conseguimento non solo della felicità personale, ma anche di quella collettiva, per dare vita a una società in cui i diritti e le esigenze del singolo siano ascoltati e rispettati. È soltanto tramite la condivisione del bisogno – concetto alla base della nascita di Comunione e Liberazione – che l’uomo può ambire alla piena realizzazione di sé in una vita terrena che altro non è che una continua ricerca del proprio io. In queste pagine ritroviamo non solo il don Giussani teologo, educatore e uomo d’azione, ma anche l’uomo di fede che, con la sua esperienza, dimostra come la Chiesa possa rivendicare il proprio ruolo di guida uscendo da se stessa e continuando a incontrare l’altro.
  8. Nooteboom SAIGOKU IL PELLEGRINAGGIO GIAPPONESE Iperborea – Sulle orme di Kōbō-Daishi, l’eterno viandante e fondatore del buddhismo Shingon, Nooteboom affronta insieme alla fotografa Simone Sassen uno dei più antichi, faticosi e importanti pellegrinaggi del Giappone, quello del Saigoku. Trentatré templi, alcuni nell’area di Kyoto, altri sperduti su montagne impervie, uno su una piccola isola, ciascuno dedicato a una diversa manifestazione di Kannon, il bodhisattva della misericordia, che può avere undici teste, mille braccia o sembianze di cavallo. Con il cammino a dare forma e ritmo ai propri pensieri, accompagnato dalle pagine della Storia di Genji di Murasaki Shikibu, il primo romanzo della storia, che ritrae la raffinatezza estrema cui giunse la corte imperiale nel periodo Heian (794-1185), Nooteboom si muove tra paesaggi e architetture nell’incanto anacronistico di un Giappone rimasto immutato nei secoli e fatto di silenzio, leggende e riti millenari, ripercorrendo il lungo viaggio della dottrina buddhista dall’India attraverso un intero continente, di lingua in lingua, da una cultura all’altra, per raggiungere il Sol Levante. E in un racconto che procede per immagini e richiami poetici esplora l’armonica fusione di buddhismo e shintoismo, spirito e natura, fede e superstizione che identifica il pantheon nipponico ricordando molte pratiche del cattolicesimo popolare. Ma soprattutto si immerge nella pace ultraterrena che avvolge i templi offrendo rifugio agli abitanti delle caotiche metropoli odierne, nella contemplazione di tutti quegli imperscrutabili volti di pietra, oro e ottone che si librano sopra ogni cosa, immuni al dolore del mondo, circondati da giardini di roccia e piante stilizzate che sembrano custodire il segreto del tempo.
  9. Castello LACRIME CANCELLATE DEPRESSIONE POST Erga – C’è un minimo comune denominatore nelle storie delle donne che hanno sofferto o soffrono di depressione perinatale ed è il fatto che non si riconoscono più. Non riconoscono più la loro esistenza di prima e non riconoscono quello che la società aveva promesso: la maternità avrebbe dovuto essere il periodo più felice e realizzato dell’esistenza. Quando scoprono che può anche non essere così, vanno in frantumi. Tutti la chiamano depressione postpartum ma in realtà si chiama depressione perinatale: è un disturbo dell’umore, si manifesta fra la gravidanza e il primo anno dopo la nascita, può generare sintomi piuttosto severi o pensieri intrusivi che minano le basi della relazione fra la mamma e il bambino; ha bisogno di essere diagnosticata precocemente; rischia di degenerare in patologie gravi o gravissime; può indurre a gesti estremi, e genera sofferenza in chi la prova e in chi sta attorno, inquinando progressivamente i rapporti. Ce ne parlano loro, le mamme che hanno sofferto di depressione dopo il parto o in gravidanza, che cercano la strada per iniziare a dare un nome a quello che vivono e che vogliono scoprire la forza e la bellezza che si nasconde fra le pieghe di quel dolore.
  10. Bauman MALE LIQUIDO Laterza – Esiste una modalità specificamente liquido-moderna del male. È ancora più insidiosa e pericolosa delle sue precedenti manifestazioni storiche perché il male oggi appare frammentato, polverizzato, disarticolato e disperso. Il male liquefatto si cela alla vista e, anziché essere riconosciuto per ciò che è, riesce a passare inosservato. In un dialogo serrato con il filosofo Leonidas Donskis, Zygmunt Bauman affronta il tema del male nella contemporaneità. Perché se da una parte è indubitabilmente un compagno permanente e inalienabile della condizione umana, dall’altra sono inedite le forme e i modi in cui opera nella sua odierna versione liquefatta. Il male liquido ha una stupefacente capacità di camuffarsi e reclutare al proprio servizio ogni sorta di interesse e desiderio umano, profondamente umano. Lo fa con motivazioni tanto pretestuose quanto difficili da sfatare e confutare. Il più delle volte il male liquefatto riesce ad apparire non come un mostro, ma come un amico che non vede l’ora di dare una mano. Utilizza come strategia di fondo la tentazione anziché la coercizione. Ha l’impressionante capacità, tipica dei liquidi, di scorrere attorno agli ostacoli che si trovano sul suo cammino. Come ogni liquido, li impregna e li macera fino a eroderli per poi assimilarli nel suo organismo in modo da nutrirlo e accrescerlo ulteriormente. È questa sua capacità, accanto alla elusività, a rendere così arduo lo sforzo di resistergli efficacemente.
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