Scrivere chiaro, anche, e forse soprattutto, quando si fa poesia. Chiaro, semplice, trasparente. La poesia non può continuare ad essere solo assonanze, traslitterazioni, accostamenti. Queste sono figure retoriche degne, degnissime, ma non possono ridurre a se stesse la poesia.
La poesia è ….
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… scrivere, come Umberto Saba, una poesia “onesta”, che miri a chiarire e a unificare il senso dell’umano; una poesia come percorso “amoroso”, che cerchi di riportare l’io al tu, nella “serena disperazione”, nella dolorosa eppure allo stesso tempo gioiosa rivelazione della verità: “con paura il cuore / le si accosta, che più non l’abbandona”…
una poesia onesta, senza trucchi, senza fumi, solo poesia, normalmente poesia
… e comunque non necessariamente la tecnica poetica – se preferisci, l’arte poetica – dev’essere sintomo di “disonestà”, di “fumosità” o di “anormalità”… D’altra parte, la scrittura poetica apparentemente scarna – la vogliamo chiamare di tipo “fotografico”? – non sempre equivale a “onestà” poetica e non sempre si può chiamare davvero poesia. Un po’ come la storia del realismo socialista sovietico in pittura e letteratura, no?… Ci sono diversi livelli di poesia (da quello dopolavoristico a quello che risponde a un’esigenza di sfogo, ecc.), ma la vera, grande poesia, non sopporta definizioni, limitazioni, coercizioni…
certo. hai ragione. la grande poesia non sopporta definizioni, ma ciò nonostante a mio modesto parere (e soprattutto sensibilità) il modo della poesia criptica, del surrealismo e dell’ermetismo non tanto ovviamente in senso proprio e storico, ma anche in tanto e in quanto fonte di ispirazione e modello cui traguardare è da auspicarsi venga usato sempre meno. Il lirismo viceversa ritengo possa essere utile, preso in dosi leggere. Sensibilità mie, certo. E questa sensibilità mia dice che abbiamo bisogno di forza espressiva, chiara, potente, trasparente, o, come dici tu, onesta.