Da Vincenzo Celli, poeta, ricevo questi due brani al solito di una letteratura pulita, bella. Ricordo che di Vincenzo avevo letto e discusso sul blog collettivo LaViadelleBelleDonne, dove Francesca Pellegrino aveva coniato l’aggettivo che in effetti forse meglio si adatta alla sua poesia: disarmante.  In queste che seguono abbiamo altri esempi di questa sua qualità. La ricerca dell’effetto, però, non è mai, mi pare, a sé, non è scopo, è mezzo, col quale Vincenzo (anche lui simil coetaneo, come Spinosi) mira a dirci di più, a dirci meglio, quel che ha visto e sentito e ci invita a guardare. La sua, infatti, è una poesia molto “visionaria”, fatta di molte immagini, molto tattile, quasi, e forse per questo piacevole a chi come me ha fatto della visione, del vedere, del ben vedere e osservare la propria bandiera. Eccole:

il lume

 

rischiara la mano
quando tace la storia dei fatti

 

la mia ombra
ormai mi sopporta

 

nessuno dei due
ama avere padroni

 

siamo isole
nate una sola volta

 

 

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percorsi

 

ci sono diversi modi
di attraversare una foresta

 

salvo poi voltarsi
per rendersi conto
se ne valeva la pena

 

degli ostacoli in genere
preferisco non parlare

 

da qualche tempo
porto le mutande girate alla rovescia
e sembrerà strano a dirsi
ma non ho una calligrafia

 

 

vincenzo celli

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