Da Claudio Cherin riceviamo una nuova recensione che pubblichiamo.


È intreccio di sguardi, di tormenti, di frasi vane, smozzicate, di ripicche e di memorie che all’improvviso vengono fuori, tramite un nome, quello di una zia. Ecco cos’è La vita bugiarda degli adulti, la nuova serie italiana, disponibile in streaming su Netflix.

La vita bugiarda degli adulti, ispirata all’omonimo romanzo di Elena Ferrante – disponibile in Italia presso l’editore indipendente Edizioni E/o – racconta una storia carica di suggestioni, che esplora l’adolescenza e la città di Napoli con le sue luci, ombre e tradizioni.

Come sempre Elena Ferrante costruisce una storia sui sentimenti, sul bisogno di andare oltre, tratteggiando, questa volta, un ritratto dolce e amarissimo di una famiglia borghese di sinistra.

La vita bugiarda degli adulti racconta la storia di Giovanna una ragazza diversa. Diversa perché ha i capelli corti; diversa perché non si applica negli studi; diversa perché ha poche amiche ed è uno spirito libero. La giovanissima Giovanna (Giordana Marengo), adolescente in cerca di definizione, origlia il padre Andrea (Alessandro Preziosi) mentre la definisce un “mostro”, paragonandola a sua sorella Vittoria. Una donna ‒ oltre che una zia ‒ che Giovanna non ha mai conosciuto perché rimossa da ogni frequentazione e ricordo familiare. Spinta dalla curiosità e dal paragone del padre, la ragazza si mette alla ricerca di questa zia Vittoria (Valeria Golino), immergendosi non solo in un mondo a lei del tutto alieno ‒ una Napoli periferica molto lontana da quella altolocata in cui è cresciuta ‒, ma anche confrontandosi con una donna dalla personalità vulcanica, imprevedibile e da un irresistibile fascino che nasce dal suo essere una donna segnata dalla perdita e dal suo essere emarginata.

Fino ad allora, Giovanna ha vissuto nel Vomero, circondata da persone che la stimano perché figlia di uno stimato intellettuale e professore di sinistra e di una rispettabile insegnante Nella (Pina Turco), che arrotonda lo stipendio da insegnante correggendo bozze.

Con la conoscenza e la frequentazione di sua zia Vittoria ‒ che vive da sempre nella casa dei genitori, nei bassifondi di Napoli, e da tempo ha rotto i rapporti con suo fratello Andrea ‒ Giovanna prende coscienza di cosa sia il mondo adulto. E vede come pericolo quello stesso mondo che poco prima credeva rassicurante, questo perché Giovanna lo vede per quello che è: un luogo pieno di ombre, di non detto, di verità parziali, e mai del tutto univoche.

Un braccialetto, che Vittoria avrebbe regalato alla nascita della nipote, diventa, in tutta la serie e nel libro, l’oggetto che dà forma e voce alle ‘storie soffocate’ della famiglia. Quelle che Elena Ferrante definisce come ‘le bugie degli adulti’. Il braccialetto prima sparito, forse perso o rubato dai ladri, come dice Nella a sua figlia, ricompare al polso di Costanza, madre delle amiche di Giovanna, con cui Andrea ha una relazione sentimentale da anni, per poi ritornare prima al polso di Giovanna, poi a quello di Vittoria, forse la vera proprietaria. Così il braccialetto diventa l’espressione di cosa sia l’amore nel cuore di una famiglia borghese: corrotto e borghese quello di Andrea verso Costanza (perché non alla luce del sole), quello di Giovanna che vuole invece amare la vita e le sue aspettative, infine l’amore infelice e puro per un uomo sposato che ha portato Vittoria a diventare la donna spietata e dolente, un po’ rude, che è.

Giovanna, anche grazie a zia Vittoria, incomincia a apprezzare la vita e tutte le sue sfumature, proiettandosi in un mondo a lei sconosciuto: si vede in modo diverso, crea un suo stile di vestire, si compra una scassatissima vespa, frequenta nuovi ragazzi. Ma, soprattutto, guarda in modo diverso il mondo intorno a sé.

Questo suo cambiamento porta ad uno stravolgimento lento ma determinato, che apre una ferita mai risanata all’interno della famiglia, facendo emergere le insoddisfazioni, le geometrie imperfette dei sentimenti umani, che, ispidi, sembravano sopiti. C’è il tradimento apparente della madre Nella, che si capisce presto essere solo un modo per ingelosire il marito. E dimostra quanto Nella sia in realtà solo una vittima, incapace di capire che è una donna che non sarò mai ricambiata. E che l’amore che la legava ad Andrea è finito da tempo. Poi, c’è l’amore clandestino di Andrea per Costanza, che Andrea non vuole mostrare e agli altri, più per motivi sociale che per altro. Infine il rancore di Vittoria nei confronti di suo fratello, per non aver accettato l’amore di Vittoria per Enzo, prematuramente scomparso e sposato con un’altra donna.

No, la serie non fa perdere di significato o liquefa la complessità del romanzo di Elena Ferrante, ma dona una nuova veste alla storia, senza per questo perdere lo scavo dei personaggi, la descrizione della città di Napoli che fa da sfondo a quasi tutte le opere della scrittrice.

E, no, non c’è molta differenza tra la storia scritte di Elena Ferrante e la serie. Perché De Angelis non solo segue la strada indicata dalla scrittrice, ma ha saputo sceglie con estrema precisione gli attori, li ha saputi dirigere così bene che non si ha nostalgia dei personaggi fatti di parole.

Sullo sfondo in bilico tra tradizione e innovazione, povertà e borghesia, odio e amore, bene e male c’è Napoli. Personaggio essa stessa che, come la famiglia di Giovanna, è disgregata al suo interno e tra miseria e degrado, meraviglia e ricchezza, inquietudine e regalità. Oltre ad essere soggetta agli ultimi fasti, quelli degli anni novanta, epoca in cui si svolge la storia.

Giovanna e Napoli sembrano complementari: entrambe pronte a percorrere un percorso verso l’età adulta. Fatta di dispiaceri e compromessi. De Angelis, il regista, ha la capacità di raccontare con le immagini il capoluogo partenopeo con tutti i suoi pregi e difetti. Napoli grazie al regista parla, vive e accompagna il pubblico alla scoperta della vita di Giovanna, persa dentro un mare di paure e incertezze. È la Napoli degli anni ’90, quella dei jeans a vita alta, con le tv a tubo catodico, con le hit da musica dance, e sullo sfondo racconta l’Italia che vuole cambiare, quello che Ferrante e De Angelis raccontano. Poi c’è la Napoli del Vomero, con le sue case splendide e illuminate a giorno; a cui si affianca anche la Napoli più povera, ma piena storie da raccontare.

Importante la supervisione musicale di Giovanni Guardi che fa dialogare Massive Attack con Rod Stewart, Gianna Nannini con Peppino Di Capri, gli Ace of Base con gli Alunni del sole, Enzo Jannacci col Califfo, i 99 Posse con gli Almamegretta, Teresa De Sio con gli E’ Zezi (c’è persino De Angelis in un cameo rock).

Edoardo De Angelis, va detto, è un regista ma anche uno sceneggiatore cinematografico. Nel 2011, ha esordito con il lungometraggio Mozzarella Stories, e con Indivisibili ha ottenuto il David di Donatello 2017 per la sceneggiatura.
La serie si articola in sei gli episodi da un’ora ciascuno.

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