Bel film, ben diretto e ben recitato (anche se alcuni sorrisi del protagonista durante la fase più tesa del racconto mi sono sembrati un poco sopra le righe).

La lunga sequenza iniziale con Milano sorvolata di notte da un drone è memorabile e introduce il tema di una città tanto vasta da permettere la coesistenza e la frammistione del bene e del male, in dinamiche familiari che vanno dai potenti cinesi ai poveri poliziotti.

La trama è nota solo nel banale disvelamento che l’amore di cui si parla non è altro che il poliziotto Franco Amore, giunto al termine dei suoi trentacinque anni di servizio.

Quella di narrare l’ultima giornata di servizio di un poliziotto è però l’unica similitudine con Un giorno di ordinaria follia: come ricorderete anche in quel film alla fine viene coinvolto un poliziotto al suo ultimo giorno di servizio tutto impegnato nel preparare l’addio ai colleghi. Anche in questo all’inizio Franco Amore lima continuamente nei suoi momenti di pausa il suo ultimo discorso ai colleghi. Però le similitudini finiscono qui. Tanto nel film del 1993 la figura del poliziotto fosse solo poco più che una macchietta, un simpatico vecchietto, allegro e dotato di pazienza e buon senso, quanto qui invece Franco Amore è crepuscolare, chiuso, poco incline alla parola e tendenzialmente prudente e financo timido.

Il problema qui è che Amore è sì un poliziotto onesto, che si vanta di non aver mai sparato a nessuno in trentacinque anni di carriera, ma che, invischiato dalla famiglia della sua nuova moglie, arrotonda come può lo stipendio.

Basta: non dirò altro della trama per non rovinare lo sviluppo narrativo che è davvero ben svolto, teso, concentrato, senza pause, senza la frenesia televisiva, ma col giusto ritmo.

Da vedere.

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