Letto e riletto da ragazzo, questo libro di 531 pagine nella edizione PBE del 1969 con 116 illustrazioni (in bianco e nero) racconta in dettaglio la vita di Picasso fino al 1958. L’ultimo capitolo è di Francesca Fratini e arriva al 1963. Dieci anni prima della sua morte. Dieci anni trascorsi certo non da pensionato.

Di Picasso si è detto tutto e di tutto. Da un punto di vista sociale con lui inizia la stagione dei pittori appartenenti allo Star System. Pettegolezzi, bizzarrie, proclamati amori distrutti, figli, Picasso non si è negato neppure questa dimensione.

Da un punto di vista pittorico la nostra arte, tutta, inizia con lui. Non c’è un pittore che non abbia contratto debiti con lui. Ancora largamente adesso.

Io che amo il calcio, tra una risata e l’altra, dico che Picasso è stato il Maradona della pittura: tecnicamente poteva fare con le matite e i pennelli quello che voleva sempre ad altezze siderali. Ineccepibile.

Tra le altre cose di cui gli siamo debitori è anche l’idea della pittura come progetto: i suoi periodi, innumerevoli, se da un lato probabilmente soddisfacevano le sue ansie e il suo bisogno del ‘nuovo’ (stimoli, stili, modi di vedere), dall’altro hanno esplicitato un modello di pittura che ha fatto del “progetto” il suo indispensabile e primo movente.

Intendo che prima di Picasso i pittori si sono sempre mossi per committenze o per serialità d’approccio. La committenza è certo un progetto, ma da quello, inteso alla maniera di Picasso, si distingue per la necessità di produrre un’opera. Il progetto che Picasso ci ha fatto intravedere stava nella felice coniugazione di una idea, di un concetto, di una immagine e la ricerca compulsiva delle sue innumerevoli forme rappresentative. Picasso fu il primo a lavorare per serie: il blu, il rosa, cubismo, classicismo, il toro, il pittore e la modella.

Tutto questo nel libro di Penrose è raccontato bene, anche se un ragazzino decenne (quando lo lessi e rilessi) non poteva certo coglierlo.

Ciò detto quel che colpisce ancor oggi nel racconto della vita di Picasso fu quel che possiamo definire “la fame”: aveva fame infinita di vita e di pittura.

Accogliendo l’invito della dottoressa Fratini, lasciamo parlare Hèlene Parmelin che scriveva: “Nel febbraio del 1963 (a 82 anni n.d.r.) Picasso si scatena. Comincia a dipingere Il pittore e la modella. Da questo momento dipingerà come un pazzo. Forse non ha mai lavorato con tanta frenesia.”

Per questo Picasso è la pittura del novecento e il libro di Penrose (che Argan definisce onesto) ne è un corretto ritratto.

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