Qualche sera siamo stati al Piccolo Teatro Studio Melato a vedere lo spettacolo Milite Ignoto di e con Mario Perrotta.

Per la verità avevamo già visto lo spettacolo un paio di anni fa a Pieve Santo Stefano (AR), ospiti della amica Loretta Veri e dell’Archivio Nazionale Diaristico e già questo, se vogliamo, la dice lunga sulla qualità del testo e della sua rappresentazione, essendo la mia prima volta assoluta a cui assisto per due volte allo stesso testo recitato dallo stesso attore.

Il testo è stato liberamente tratto dalla lettura dei diari che alcuni soldati hanno tenuto (e tramandato) durante i lunghi anni della prima guerra mondiale nelle trincee del Trentino e del Friuli. Mischia, il testo, gli accenti di larga parte di Italia dando così suono e colore a quella dolorosa e spaventosa tragedia che portò alla morte di centinaia di migliaia di uomini.

Immaginate un solo attore seduto su alcuni sacchi di iuta che, da seduto, per un’ora e mezza vi racconta come la guerra iniziò, cosa voleva dire arrivare in trincea, cosa voleva dire viverci e infine l’assalto. Un’ora e mezza che vola, data l’intensità del testo e la bravura di Perrotta che col solo aiuto ogni tanto di qualche colpo di tamburo, senza ricercare effetti di luci, ma muovendo solo mani e testa e miscelando con accortezza la voce, ecco, da solo vi tiene attaccati alla panca (ché lo Studio Melato ha delle panche, comode sì, ma comunque panche) ad ascoltare quelle tristi vicende. E alle volte si ride anche. Bravo, forse addirittura bravissimo, se non fosse che in quest’epoca di esagerazioni l’uso del superlativo mi sta antipatico.

Alla fine applausi ripetuti e meritati, che Perrotta accoglie con la compostezza di chi sa di aver lavorato duramente sul testo, averlo pulito, averci sudato per arrivare ad una sintesi poetica e teatrale che andava solo messa in scena con mestiere e partecipazione, cosa che Perrotta fa alla perfezione.

Merita il viaggio, così come merita il viaggio, per chi scelga una vacanza in Toscana, una gita a Pieve Santo Stefano, non tanto perché il paese in sé meriti, anzi (trovandosi in vicinanza di un importante ponte sul Tevere la cittadina è stata rasa al suolo dai tedeschi in fuga), ma perché ci sta la sede dell’Archivio Diaristico Nazionale, istituzione nata più di trentanni fa e che raccoglie i diari degli italiani. Leggerne dei brani, vedere il lenzuolo di Clelia Marchi, vedere i disegni che alcuni hanno lasciato nei loro diari, ecco, anche quello merita il viaggio.

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